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I servicer di crediti sono diventati complementari alle banche

Di Flavio Valeri* e Vincenzo De Sensi**
MILANO FINANZA – 10.05.2023

Siamo arrivati a una sorta di spartiacque per quello che una volta era il settore del «servicing» dei crediti.


Dopo la «fiammata» – a cui abbiamo assistito tra il 2016 e il 2022 – e la necessità per il settore bancario di avviare un progressivo deleverage delle non performing exposures, il panorama e il perimetro entro cui si muovono gli operatori sembra essere profondamente cambiato.

Se prima i servicer erano considerati come un fornitore «esterno» deputato alla mera attività di recupero, nel tempo il ruolo di questi operatori ha conosciuto un’evoluzione. Nel corso degli anni infatti questi soggetti sono cresciuti e sono diventati sempre più sofisticati passando dal ruolo di servicer a quello di gestori del credito, compreso quello vivo ma problematico: un’evoluzione che si è dimostrata particolarmente congeniale a quegli operatori che nascevamo come investitori. Contestualmente attraverso lo sviluppo di partnership sempre più strette con i principali istituti di credito – che in alcuni casi hanno anche esternalizzato le proprie piattaforme di recupero – questi soggetti sono diventati sempre più complementari al settore bancario.

In un contesto che vede in Italia il credito deteriorato presente all’interno del perimetro delle banche ammontare a oltre 300 miliardi di euro appare abbastanza ovvio il fatto che il sistema economico italiano non possa più fare a meno di un settore, quello della gestione dei crediti, ormai così fondamentale per il Paese. Allo stesso tempo però oggi il ruolo dei player del settore è mutato: i vecchi servicer – intesi come meri recuperatori – da qui in avanti non basteranno più; devono essere in grado di supportare (e questo sarà sempre più vero in futuro) le banche nella gestione del credito, soprattutto di quello «vivo». Anche su questo fronte sembra essere particolarmente adatto a evolvere in questo senso chi è nato come servicer intergrato in Italia e abbia poi costruito un’attività di credit management avanzata che lavora anche per conto terzi.

Al riguardo è opportuno ricordare che sia il calendar provisioning sia le linee guida Lom (Loan Origination and Monitoring) emanati dall’Eba incidono profondamente sull’operatività bancaria. Il primo attraverso la previsione di progressive coperture patrimoniali delle esposizioni, le seconde con una puntuale regolamentazione nella concessione del credito e nel monitoraggio dell’andamento dell’esposizione. Queste più stringenti misure possono rappresentare una spinta a esternalizzare i servizi di gestione del credito e a rendere più efficiente il rapporto con le imprese.

In questo senso la Direttiva sui gestori dei crediti punta decisamente a una maggiore professionalizzazione dei servicer, a una conferma della rilevanza degli npe quale asset class e a una maggiore attenzione per il debitore ceduto. Da questo contesto emergono nuovi e importanti segnali verso un rinnovato ruolo dei soggetti impegnati ad applicare tecniche moderne e avanzate, focalizzate in quanto core business, all’attività di credit management.

A ciò si aggiungono le preoccupazioni crescenti legate al quadro macroeconomico con le note spinte inflazionistiche, al caro energia, alla instabilità internazionale, all’aumento dei tassi di interesse. Indubbiamente sia le politiche fiscali che monetarie incidono in modo sensibile sul mondo delle imprese e quindi anche su quello del credito.
Il versante delle imprese esposte presenta diffusi punti di debolezza che non saranno sostenuti così facilmente dal sistema bancario. Da qui dunque anche una rinnovata attenzione alle esigenze finanziarie dell’economia, alla diversificazione della struttura del capitale delle imprese e a un ampliamento delle fonti di approvvigionamento.

Questo quadro è poi ancora più sfidante se si guarda alla rinnovata sensibilità per la gestione della crisi sia in punto di governance che di rimedi utilizzabili. Come noto, il sistema del Codice della Crisi si incentra sulla prevenzione e sulla tempestività degli interventi di risanamento. Ma anche questa corretta visione rischia di naufragare se non si offrono sponde per il finanziamento alle imprese in difficoltà e se non si creano soggetti specializzati nella gestione di tali special situation. Riteniamo dunque che tutto il settore del credit management possa dare un’efficiente risposta a queste sfide aprendo nuovi scenari operativi.

*presidente Gardant
**docente Luiss Guido Carli