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La Germania sia una necessità europea e l’Europa una necessità italiana

Recensione del libro Italia e Germania: l’intesa necessaria per l’Europa di Michele Valensise

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Ammirata e temuta, lineare e indecifrabile, la Germania resta al centro di dubbi e malintesi che sembrano scolpiti nel marmo. In Italia interessi, rapporti, consuetudini, pur consistenti, scivolano spesso in secondo piano, fino quasi a scomparire sotto una coltre di diffidenza, non tanto sul terreno istituzionale quanto nella percezione più diffusa. Né ci aiuta l’asimmetria di contatti e conoscenze, prevalenti da parte tedesca verso l’Italia su quelli italiani in relazione alla Germania. La questione è da tempo all’attenzione di un ristretto gruppo di addetti ai lavori, che negli anni non si sono arresi dinanzi a stereotipi e superficialità.   

Ora, dopo lo schianto prodotto dalla pandemia e di fronte agli interrogativi su politica e economia, è ancora più utile una riflessione libera da pregiudizi sui rapporti Italia-Germania e sulle prospettive. Se ne sono fatti carico tre osservatori della realtà tedesca, Federico Niglia, Beda Romano e Flavio Valeri, con un saggio che ripropone i termini fondamentali dell’equazione  italo-tedesca, Italia e Germania. “L’intesa necessaria”  (per l’Europa), ed. Bollati Boringhieri.

E’ giusto partire dall’economia. Trenta anni fa l’Italia aderì al progetto dell’Euro. Oltre alla credibilità di Carlo Azeglio Ciampi, fu la Germania a sostenere quel passaggio, non sulla base di un maligno piano di conquista, bensì nella convinzione che senza l’Italia il cantiere della costruzione europea non sarebbe avanzato. Sul nostro versante qualche seguito del progetto si potrà anche discutere, comunque resta il fatto che l’integrazione italo-tedesca è imponente. Nel 2019 la Germania è stato il primo fornitore e primo cliente dell’Italia, con un interscambio di 127 miliardi di Euro, di cui circa 60 di esportazioni italiane (i nostri scambi con il solo Baden-Württemberg superano quelli con la Russia).

E’ significativa la quota costituita da abbigliamento, alimentare, arredamento e auto (le 4 A), campi nei quali il potere regolatore è ormai molto spostato sull’Ue, né sono da meno i settori bancario, assicurativo, energetico e logistico. La sinergia a Bruxelles dovrebbe quindi essere naturale e coltivata con attenzione.

Più accidentata è la strada della politica, ancora ingombra del “passato che non passa”, nonostante la profonda elaborazione tedesca del crimine più orrendo e delle immense colpe del secolo scorso. La tesi delle due nazioni nate in ritardo (die verspätete Nationen), sempre in sintonia tranne che nella prima guerra mondiale e nel 1943-45, è ridimensionata da più di un elemento. Figurano anche divergenze rilevanti, dalla contrarietà italiana nei primi anni Cinquanta al riarmo della Germania nel quadro Ced poi abortito, ai timori di Roma per la concorrenza tedesca su mercati stranieri, all’opposto posizionamento sulla guerra in Iraq o alla politica fiscale in Ue.

In ogni caso resta forte l’interesse della Germania per il partner del Sud, non solo per il suo ruolo di sbocco per l’industria tedesca, ma anche per la sua funzione in sede europea. Lo si è visto tra l’altro durante il nostro governo giallo-verde: pur se a disagio con quella compagine, Berlino ha contribuito a “evitare che l’Italia diventasse un caso per l’Europa”. Bene allora rievocare, con più forza di qualche coro da stadio contrario, una convergenza su cui c’è molto costruire.

Su tutto aleggia la psicologia. Sopravvivono i luoghi comuni, italiani inaffidabili e sleali, tedeschi prevaricatori e egoisti. Romano li ricorda con elegante rassegnazione e ripercorre una galleria di intrecci nella storia dei due Paesi. Il mito di Arminio che sbaraglia le legioni di Varo a Teutoburgo è custodito con l’epopea dei viaggi a Roma dei sovrani tedeschi per acquisire la legittimità dal Papa o dei soggiorni di Dürer, Goethe e Winckelmann. Spicca la riforma di Lutero, con il rapporto diretto tra fedele e Dio e la devozione a ordine e disciplina,  ancora oggi visibile nel profilo della società tedesca e nel rilievo della responsabilità individuale.

Alla fine il bilancio è univoco e il manuale aggiornato per la politica e la cultura è chiaro, dato che il prossimo tramonto di Angela Merkel non spingerà la Germania nell’ombra. Italia e Germania, i “vicini lontani”, hanno molto da dirsi, ed è loro interesse comune e dell’Europa promuovere maggiore conoscenza e dialogo a più livelli. In questo modo non diventeremo di colpo più flessibili gli uni o più disciplinati gli altri, ma andremo avanti, speriamo, nella direzione auspicata sin dall’immediato dopoguerra dall’ambasciatore Nicolò Carandini, “la Germania sia una necessità europea e l’Europa una necessità italiana”.

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